giovedì 11 dicembre 2008

Di scommesse abissi sassi e matasse

Ieri sera erano le sette. Tutte le sere prima o poi sono le sette, ma ieri lo erano in particolar modo. Mi sono fatta lasciare fuori dal postaccio per ritirare i due euro di stipendio mensili. Mi hanno dato dei soldi sgualciti, di quelli che lasciano gli scommettitori con la fretta. Pressochè tutti. Hanno sempre fretta e non devono andare da nessuna parte. Mai vista tanta fretta come lì. Nemmeno il lunedì mattina, nemmeno in città. Fuori di lì tutto è più o meno lento. Un supermercato lento, due bar lenti, un chiesa lenta, tutto lento. Stanno rifacendo la via di fronte e mancano i lampioni, la sera alle sei è già buio pesto, ma nessuno dice niente. Con la fretta e la schedina escono da lì e da dentro non sembra che stiano per andare in strada, sembra che si immergano in un mare scuro, proprio nelle profondità più estreme, là, dove c'è il calamaro gigante. Ieri ho capito una cosa. Dopo aver preso i soldi ho guardato le tavole con le quote per i match della champions league (dio come parlo). Così ho pensato, bè, gioco la schedina. L'ho giocata pure domenica per la serie a e non ho vinto. E non era la prima volta. Va bene: gioco da quando lavoricchio lì. Così mi sono messa al banco con la biro un po' umida di tutte le salive prima di me e ho fatto due conti. Ho scritto i risultati su un foglietto di carta e li ho porti alla mia amica, che ora è anche collega, che stava là dietro, nell'acquario secco dove trovi gli sportellisti. Stavo ancora prendendo le monete dalla tasca che già soffrivo. Ma senza capirlo, se no forse non avrei giocato. Ho salutato e sono andata via. Avevo una gran voglia di una sigaretta, così le ho cercate. Dovevo avere un pacchetto pieno e non ho trovato nulla. Le avevo perse. Mi capita spesso di perdere interi pacchetti di sigarette. Non ne fumo nemmeno la metà di quelle che compro. Io che cerco le monete in tasca io che realizzo di aver perso le sigarette, io negli abissi della via senza lampioni, e di fianco a me una specie di rullo di quelli che asfaltano le strade. A momenti mi viene un colpo. Mi assale un'angoscia senza nome che suibito me ne torno a casa, ma sono trecento metri, anche di meno, e sembrano almeno dieci volte tanto. Così penso. Alle monete che avevo in tasca, alle sigarette che avevo in tasca, e alla mia vita, tascabile anche lei. E capisco che banalmente tutti quelli hanno una gran fretta di scappare da quello che sono diventati, con le loro cento schedine nel portafoglio e le sere passate a vedere i risultati di tutto quello che potrebbe risultare. E mi viene in mente una cosa. Che per quanto ci sforziamo di essere qualcosa, in tutti i modi in cui siamo capaci, o crediamo di esserlo, una parte di noi tende sempre, inevitabilmente, a fallire. Possiamo leggere tutti i libri del mondo, guadare fiumi a cavallo, che ne so, andare lontano da soli, avere un loft in ripamonti e non sarà mai abbastanza. E quando ho strappato la schedina che, ovvio, non avevo azzeccato, ho compiuto lo stesso identico gesto di decine di stronzi che ritengo peggiori di me. E che invece sono solo più abituati all'oceano e coi lampioni o senza, tanto fa.

Nessun commento: